“Non si torna più indietro”
Harry Gatterer, ricercatore di tendenze e futurologo presso il rinomato Zukunftsinstitut di Vienna, in questa intervista ci spiega perché non è possibile continuare come prima e perché è necessario un nuovo approccio imprenditoriale per affrontare il domani.
Foto: Wolf Steiner
Sig. Gatterer, la pandemia da coronavirus sembra essere finalmente sotto controllo. Che cosa ci ha insegnato questa esperienza?
Harry Gatterer. Il COVID-19 è stato una sorpresa per tutti. Si è verificato qualcosa di impensabile: il virus e le sue conseguenze hanno scombinato le nostre relazioni socioeconomiche, stravolgendo da un giorno all’altro sicurezze, certezze e progetti all’insegna della contemporaneità globale. La crisi ci ha resi consapevoli della complessità del mondo e della fragilità del nostro sistema economico, dovuta alle sue interazioni, rivelandone punti di forza e debolezze. Ma questa emergenza ci ha anche fatto capire il grado di adattabilità e resilienza degli uomini. Un ritorno alla precedente “normalità” non è più possibile.
Cosa intende?
La ripresa dell’economia non si tradurrà in un automatico “comeback”: la pandemia ha innescato un lungo e irreversibile processo di rinnovamento e apprendimento, che fungerà da volano delle tendenze. Dobbiamo occuparci più intensamente del nostro futuro e chiederci come vogliamo vivere e cosa riteniamo davvero importante e prezioso. Ciò non significa stravolgere ogni certezza, ma sicuramente ci spingerà a essere più critici, a migliorarci e cambiare approccio e mentalità. Improvvisazione, ridefinizione dei ruoli e abbandono delle ruotine saranno all’ordine del giorno.
Com’è importante procedere ora?
Innanzitutto bisogna prendersi il tempo per capire esattamente cos’è successo e quale lezione possiamo trarre. Le conseguenze finanziarie e i risvolti psicologici della crisi devono essere elaborati: dietro a ogni impresa, organizzazione e famiglia si celano sempre delle persone e quindi ci sono in ballo rapporti interpersonali, interazione con gli altri ed emotività. Una volta superata la fase più acuta dell’emergenza, è necessario puntare su complessità e adattamento. Questo cambiamento avvierà nelle organizzazioni una lunga fase di apprendimento: la destrutturazione del presente, per quanto possa essere dolorosa, genera un nuovo futuro.
Come lavorano le imprese nell’economia post-COVID?
La crisi porterà molte imprese al punto in cui dovranno reinventarsi, in particolare nel turismo, che riveste un enorme significato per l’Alto Adige, così come nel settore del tempo libero e della gestione eventi. Anche le imprese operanti nel commercio e nei servizi non potranno semplicemente continuare a lavorare come in passato. L’efficienza porta alla resilienza: le aziende devono adattarsi alle condizioni esterne in continuo mutamento. Per questo, è bene che tornino a concentrarsi sugli aspetti che caratterizzavano i loro esordi, in cui strutture e processi non erano ancora consolidati ma aperti alle novità. In fin dei conti, è proprio questo ciò che spinge e motiva gli imprenditori: idee e visioni, ma anche il coraggio di percorrere nuove strade alla ricerca di soluzioni e investire in queste ultime. La chiave per un futuro di successo è però legata soprattutto alla capacità di pensare e lavorare in partnership e reti.
Nel Suo “white paper” sull’economia post-COVID si parla del principio coop…
Il modello di business cooperativo si fonda sull’interazione di più persone, che si uniscono per un determinato scopo: è questo il vero segreto del successo, piuttosto che una gestione basata eccessivamente sull’efficienza. Nel segno di un’emergente cultura del “noi”, il modello della cooperazione è destinato ad acquisire un peso maggiore con la nascita di nuove e sempre più frequenti associazioni cooperative, come le comunità di autori, i collettivi tecnologici o le strutture commerciali regionali. Con il loro approccio risolutivo, danno un importante contributo a uno sviluppo sostenibile dei comuni. La cosiddetta “purpose identification”, ovvero l’orientamento di un’impresa al bene collettivo, indica un preciso percorso da seguire ed è alla base di motivazione e coesione.
Abbiamo imparato anche qualche cosa di buono dalla crisi?
Certamente, più d’una. Ad esempio, l’ecologizzazione dell’economia, che negli ultimi 30-40 anni si è trascinata piuttosto a rilento, ha acquisito un bello slancio: è come se fosse scattato un interruttore. Oggi praticamente non si fanno più investimenti che non siano in linea con i criteri di sostenibilità. Il seme per un approccio alla crescita completamente nuovo e diverso era già stato gettato, ora grazie al coronavirus sta dando i suoi frutti. L’economia si rafforzerà in molte reti regionali e gestirà in maniera ragionata il proprio legame con il mondo globale, agendo così in un’ottica di glocalizzazione. La crisi ha dimostrato ciò che la digitalizzazione rende possibile e ciò che può cambiare. In seguito all’emergenza sanitaria, l’utilizzo di nuove tecnologie ha subito una fortissima accelerazione dall’oggi al domani.
Com’è cambiata la Sua vita privata a causa della crisi?
Durante i lockdown ho lavorato molto con videochiamate e videoconferenze: ciò mi ha risparmiato lunghi viaggi, migliorando la qualità della mia vita. Per questo ho deciso che anche in futuro manterrò questa modalità operativa. Ho inoltre collaborato con persone nuove e creative, un aspetto che mi ha arricchito l’esistenza e schiuso nuove prospettive.
CENNI BIOGRAFICI
Studioso di tendenze e futurologo, Harry Gatterer è direttore dello “Zukunftsinstitut”, fondato nel 1998 e considerato il più influente istituto europeo per le questioni riguardante lo sviluppo dell’economia e della società. Specializzato nei processi decisionali in azienda, Gatterer presta la sua consulenza alle aziende, aiutandole a individuare e a sfruttare i trend più rilevanti. Originario di Niederndorf nei pressi di Kufstein, nel Tirolo del nord, ama trascorrere le sue vacanze in Alto Adige.