Mercato del lavoro – necessario un cambiamento
“Meno lavoro, più libertà”, questa richiesta dei giovani ha implicazioni significative sul mondo del lavoro ed è una forte esortazione, rivolta alle aziende, a creare condizioni in cui sia possibile svolgere bene la propria attività.
Il lavoro è un elemento centrale della nostra vita. In ogni conversazione, prima o poi, arriva la fatidica domanda: “E tu, cosa fai per vivere”? Ma in questa fase storica stiamo attraversando un cambiamento radicale nel nostro approccio verso l’occupazione retribuita. Molti giovani non comprendono perché la loro attività debba svolgersi entro il rigido schema d’ufficio, dalle otto di mattina alle cinque di sera. Se, in passato, un impiego era associato alla promessa di una vita migliore, almeno tale da consentire di vivere adeguatamente, oggi non è necessariamente così e sempre più persone faticano ad arrivare a fine mese nonostante un’occupazione a tempo pieno. Per quanto sodo si possa lavorare, finanziare un’abitazione di proprietà esclusivamente con i proventi della propria attività è diventato una chimera.
Maggiore flessibilità
Non c’è da stupirsi, dunque, se le giovani generazioni puntano su nuove strade. In base a uno studio commissionato dall’Osservatorio del mercato del lavoro della Provincia, che ha intervistato 7.550 ragazzi proprio su questi temi, il 95% ha dichiarato che è importante avere tempo da dedicare ai propri figli (futuri), mentre il 90% vorrebbe poter scegliere liberamente quando andare in ferie e raggiungere il posto di lavoro con i mezzi pubblici. L’aspetto interessante è che oltre il 50% è disposto a guadagnare meno se può esercitare la propria attività preferita, se regna una buona atmosfera lavorativa e se è garantita la libertà nei fine settimana. Che fine hanno fatto l’entusiasmo e determinazione delle generazioni precedenti?
Lo statistico Walter Niedermair, coautore dello studio, sostiene che tutto ciò non ha nulla a che vedere con l’impegno personale. “I giovani non sono meno resilienti o meno bravi, semplicemente hanno un atteggiamento diverso”, afferma. “Se la loro professione gli piace, si impegnano; se non gli piace, preferiscono andarsene”. Studi condotti in tutta Europa dimostrano che le persone al primo impiego sono meno interessate alla retribuzione e alla sicurezza del posto rispetto a un’attività significativa, a una buona atmosfera e a un ambiente valorizzante. Per loro sono determinanti orari flessibili e più brevi, la possibilità di operare da casa, la compatibilità tra famiglia, tempo libero e professione ma, non ultimo, valori aziendali con cui identificarsi.
Non è quindi vero che i giovani sono indolenti: anche per loro, la carriera riveste un certo peso, ma non si definiscono più esclusivamente in base ad essa e non vogliono lavorare come hanno fatto le generazioni che li hanno preceduti.
Giovani ambiziosi
Risultati estrapolati da un’indagine sulle aspettative rispetto al lavoro
Fonte: indagine “Priorità e aspettative dei giovani rispetto al lavoro”, svolta su 7.550 giovani per conto dell’Osservatorio del mercato del lavoro dell’Alto Adige, 2022
58%
degli intervistati è disposto a guadagnare meno pur di dedicarsi alla sua attività preferita
85%
rinuncerebbe a una retribuzione più elevata per rimanere vicino a casa o nel proprio comune
84%
dei giovani è attratto da datori di lavoro attenti agli aspetti socio-ambientali
Da mercato dei datori di lavoro a quello dei lavoratori
I giovani di oggi beneficiano di uno sviluppo, la cui prima pietra è stata posta decenni fa. I cosiddetti “baby boomer” stanno ora andando in pensione, seguiti dalle annate – a partire dagli anni Settanta – con tassi di natalità più bassi. Ciò significa che i pensionandi sono più numerosi delle nuove leve. Inoltre, in molti settori si registra una forte carenza di manodopera qualificata. “Stiamo vivendo un passaggio epocale, da un mercato dominato dai datori di lavoro a uno controllato dai lavoratori”, conferma Niedermair. I tempi in cui le aziende potevano scegliere tra numerosi candidati sono finiti. “Oggi è l’aspirante dipendente a dire all’azienda ‘mi farò vivo’”. Le imprese devono sudare per reclutare personale qualificato, e non viceversa. Inoltre, la concorrenza nel processo di selezione sta diventando sempre più globale: nel solo Alto Adige, ogni anno circa 1.000 persone sotto i 30 anni lasciano la provincia per trasferirsi all’estero, con una tendenza in aumento; la metà di loro sono studenti di scuole superiori o universitari, soprattutto con un buon curriculum.
Una sfida per le aziende e i manager
Negli ultimi anni, la Cassa Raiffeisen Oltradige ha constatato un calo delle candidature spontanee. “Ma, grazie all’apprendistato bancario, possiamo formare noi stessi i dipendenti: si tratta di un’opportunità interessante, che offre loro sin da subito un buono stipendio e la possibilità di combinare la teoria con la pratica”, sottolinea il direttore Edl Huber. “Grazie alla rotazione interna, i dipendenti possono crescere in base ai loro interessi”. Inoltre, l’azienda vuole andare incontro ai potenziali candidati, per i quali sono previsti modelli di orario esteso, la possibilità di home working, opportunità di svago e di formazione continua e molto altro ancora . Anche l’idea tradizionale del manager quale autorità di controllo oggi non funziona più. “Sono necessarie qualità di leadership completamente nuove”, aggiunge Huber, “soprattutto a livello di competenze sociali. Un buon leader sa ascoltare, comunicare e delegare le responsabilità ma, soprattutto, deve essere in grado di motivare, creando una struttura che consenta alle persone di lavorare bene e con piacere”.
Mutamenti del mercato e conseguenze
Digitalizzazione, automazione e intelligenza artificiale faranno scomparire alcune professioni, ma aiuteranno ad accrescere la produttività delle aziende, che potranno “cavarsela” con meno personale. “L’Alto Adige dovrà adattarsi a un mercato in evoluzione”, afferma Niedermair. E avrà anche bisogno di un numero sempre maggiore di lavoratori stranieri. Più pensionati e meno persone occupate implicano un cambiamento anche per il sistema previdenziale: quello attuale, basato sul principio della ripartizione, prevede che i giovani versino i contributi per pagare le pensioni degli anziani. “Se una generazione lavora molto meno, non c’è modo di compensare il deficit se non con un innalzamento dell’età pensionabile”, aggiunge Niedermair. Ma deve anche essere possibile rendere più flessibile l’uscita dal mercato, ad esempio, con pensionamenti parziali e agevolazioni fiscali.
In conclusione, la società sta affrontando grandi trasformazioni: solo chi saprà reagire per tempo e con coerenza avrà successo e potrà continuare sulla scia di una proficua collaborazione tra azienda e collaboratori, nel segno della reciproca soddisfazione.
“I giovani vogliono assumersi le proprie responsabilità”
I datori di lavoro che sanno valorizzare i propri dipendenti ne traggono beneficio, afferma convinto Edl Huber, direttore della Cassa Raiffeisen Oltradige.
Sig. Huber, oltre a un impiego “significativo” e a una retribuzione equa, per i giovani sono sempre più importanti anche i valori dell’azienda per cui lavorano. Concorda?
Edl Huber: In quanto banca cooperativa locale, non abbiamo difficoltà a offrire valori allettanti: ci impegniamo sempre per il benessere dei nostri soci e la promozione del territorio, anche sotto il profilo della sostenibilità e dell’ambiente.
Quali aspetti rivestono più importanza per il Suo team di collaboratori?
Soprattutto i giovani apprezzano priorità chiare e azioni coerenti; vogliono essere coinvolti nei progetti in linea con le loro personali capacità e assumersi delle responsabilità.
Anni fa, la Cassa Raiffeisen Oltradige è stata insignita dalla Provincia di Bolzano dell’“audit famigliaelavoro”…
È vero. Nel 2013, siamo stati la prima Cassa Raiffeisen a ottenere questa certificazione, dando dimostrazione di essere un’azienda a misura di famiglia in tema di orario e organizzazione del lavoro, servizi e assistenza alle famiglie, ma anche di politica del personale. Un aspetto particolare, che tuttavia non rientra nelle nostre responsabilità, è il riconoscimento del congedo parentale come orario di lavoro e, di conseguenza, ai fini pensionistici.
Quali sono i vantaggi di questa situazione per i dipendenti e per la banca?
Si tratta di un reciproco dare e avere. Circa un terzo lavora a tempo parziale e apprezza questa opportunità ma, in caso di bisogno, è disposto ad adattarsi alle esigenze della banca. Abbiamo orari flessibili e presto daremo il via alla settimana lavorativa di 4,5 giorni. Posso affermare con orgoglio di essere sempre riusciti a conciliare le esigenze familiari dei nostri collaboratori con quelle dell’azienda.
Quanto è importante il processo di aggiornamento continuo per chi opera in un istituto di credito?
Svolge un ruolo importantissimo: nel 2022, ad esempio, i nostri 93 dipendenti hanno completato un totale di 4.164 ore di formazione. Naturalmente, è ancora più gratificante quando continua anche nel tempo libero, ad esempio, attraverso la lettura di articoli e libri specializzati.