Tutto cambia perché nulla cambi
Quant’è grave la situazione, quando si vorrebbe lavorare, ma non si può o quando si va alla ricerca di prodotti che non sono disponibili?
Foto: Helmuth Rier
L’economia pianificata d’impronta sovietica ha sofferto a lungo per la carenza di beni, mentre l’economia di mercato dei Paesi occidentali lamentava il problema opposto. Grazie a innovazioni costanti, i consumatori sono stati spinti a consumare sempre di più. Attraverso la globalizzazione e il trasferimento internazionale di conoscenze, sembrava non vi fossero ostacoli alla produzione di beni e servizi e le risorse parevano inesauribili. Ora tutto è cambiato. La domanda, a causa del “lockdown” mondiale, è improvvisamente crollata, la produzione è resa problematica, se non impossibile, dalle filiere interrotte e dalla chiusura delle fabbriche. La conseguenza è la recessione più profonda che dovremo affrontare da un secolo a questa parte, con un numero elevato di disoccupati e un aumento della fame nel mondo.
Tutto questo cos’ha a che fare con i mercati finanziari? Nulla, verrebbe da rispondere: i mercati vivono di liquidità e attese. La prima sarebbe destinata a subire una sicura flessione, a causa dell’imminente crisi mondiale, se non ci fossero le banche centrali a intervenire, con tutta la loro potenza, per dare supporto ai prezzi. Le attese, invece, si alimentano dell’ottimismo di circostanza dei grandi investitori, che non intendono far fallire il loro modello commerciale per via della recessione. Ma siamo sicuri che, nel lungo periodo, un mercato finanziario possa sganciarsi dall’economia reale? Che ciò sia possibile l’abbiamo già sperimentato più volte dal 1999. I crolli che hanno seguito le fasi di esasperazione non sono mai durati a lungo e, fintanto che le banche centrali continueranno a fare la loro parte, anche questa non sarà diversa dalle altre volte.