Da rifugiato a vicino di casa
Sempre più persone scappano dalla guerra e dalla povertà nella speranza di trovare una vita migliore in Europa; moltissimi profughi approdano sulle coste italiane, gravando sul bilancio pubblico. Senza l’intervento della società civile è praticamente impossibile far fronte a questa massa di bisognosi. Merano ospita un esempio di come una comunità solidale possa fornire aiuto, coniugando disponibilità e spirito imprenditoriale per il bene dei profughi e della popolazione locale.
Kelly Asemota ed Evangelist Stephen Ovbiebu si trovano nel nuovo ristorante e sorridono sulla loro scommessa: là dove prima si servivano pizze, oggi si possono ordinare “Jollof rice”, “Egusi soup” e “Pounded yam”. Questi due profughi provenienti dalla Nigeria cucinano piatti della loro tradizione, ne hanno fatto un vero e proprio impiego, e lavoreranno nel loro locale insieme ad alcuni tirocinanti.
Luogo d’incontro
“African Soul”, però, non è solo un semplice ristorante. “Il locale vuole essere un punto d’incontro tra pari”, afferma Isabelle Hansen, una delle promotrici; l’obiettivo è quello di far conoscere la vita africana e gli aspetti più belli di quel continente. “Vogliamo trasmettere la loro incredibile gioia di vivere”, prosegue. Responsabile del progetto è la cooperativa sociale “Spirit”, con la sua presidentessa Angela Wagner, fondata proprio a tale scopo.
Circa 50 membri, con la loro quota associativa, hanno contribuito ad avviare l’attività, insieme agli incentivi provinciali per le cooperative e alle donazioni. Precursore del ristorante è stata l’iniziativa “Book a Cook” dell’associazione “Empezamos”, diretta da Hansen. Grazie a questo progetto, a fronte di una donazione si possono richiedere, a casa propria o a una festa, cuochi provenienti da Africa, Asia o Sud America. L’idea ha avuto seguito, i piatti sono piaciuti e ben presto si è scoperto che tra i profughi si nascondevano straordinari cuochi.
Integrazione tramite la cooperazione
Il progetto è supportato dalla cooperativa sociale Spirit, membro della Federazione Raiffeisen. “Accogliamo queste iniziative con grande favore”, sostiene Herbert Von Leon, presidente della Federazione Raiffeisen. “Voltare il proprio sguardo altrove non serve a nulla; lo Stato è oberato, la società civile deve intervenire. Il numero delle cooperative sociali è in aumento, anche a causa dei recenti stravolgimenti e delle nuove esigenze sociali; in futuro queste associazioni svolgeranno compiti sempre più importanti. L’idea della cooperativa di aiuto all’autoaiuto è più attuale che mai”. Un concetto che, nel 2018, in occasione del 200° anniversario dalla nascita di Friedrich Wilhelm Raiffeisen, sarà portato ancora una volta all’attenzione dell’opinione pubblica. Wagner la vede allo stesso modo: “Il supporto è essenziale, soprattutto nel periodo iniziale”. I membri della cooperativa sociale lavorano su base volontaria e, nel medio termine, il progetto sarà portato avanti con le entrate del ristorante. Il locale in via Petrarca a Merano, dove prima si trovava la Pizzeria Da Nunzio, è in locazione. La proprietaria si auspicava che venisse impiegato per scopi sociali e, conseguentemente, ha richiesto un canone piuttosto modesto. Il locale offre circa 30 posti a sedere; per il futuro si prevede anche un “take away” e l’inizio di un’attività nel settore del catering.
Da profughi a colleghi e vicini di casa
Kelly è arrivato in Alto Adige due anni fa, ha vissuto per qualche tempo nel campo profughi di Prissiano, per poi lasciarlo presto a causa del suo impiego notturno, poiché a fine turno non passavano autobus per tornare a casa. Si è trasferito quindi a Gargazzone, dove vive tuttora, e ha iniziato a camminare con le proprie gambe. Il prossimo passo è il lavoro nel ristorante “African Soul”, e presto dovrebbe concludersi anche la procedura per la richiesta di asilo. Stephen si è già lasciato alle spalle questo percorso, vive a Merano da sei anni. Nessuno dei due vuole parlare di come è arrivato in Italia. “Contano il presente e il futuro”, così Isabelle Hansen blocca le domande. “Non vogliamo mettere in piazza tragici destini personali ed esibire esseri umani come fossimo allo zoo.
Il ristorante rappresenta per tutti un’opportunità per voltar pagina: basti sapere questo”. La passione per la cucina è evidente per entrambi, soprattutto quando mostrano con orgoglio le foto delle loro creazioni e illustrano le varie preparazioni e le specialità nigeriane. Kelly non ha seguito corsi di formazione per diventare cuoco: “So farlo perché mi piace”. Già da bambino giocava con le pentole della mamma e la osservava sempre ai fornelli. Successivamente ha lavorato nel ristorante di un hotel ghanese ed è stato infine scoperto nell’ambito del progetto “Book a Cook”. Anche Stephen ha iniziato a fare esperienza nella cucina della mamma, ma in “African Soul” lavorerà come sostituto cuoco, occupandosi prevalentemente del bar e del servizio ai tavoli.
Network in crescita
Ad “African Soul” lavoreranno sette persone: due impiegati fissi, Kelly e Stephen, due persone con disabilità (conformemente allo scopo di una cooperativa sociale) e tre profughi come tirocinanti. Dovranno imparare le basi in materia di cucina, servizio ai tavoli e igiene, apprendendo i fondamenti teorici e plasmando la propria personalità, per potersi poi rivendere nel mondo del lavoro.
Oltre alla normale attività ristorativa, si organizzeranno anche iniziative particolari: serate a tema, dibattiti e concerti. Potrebbe essere che il cuoco e il cameriere lascino le proprie postazioni per mettersi al microfono: l’amore per la musica è parte integrante del loro essere africani. “Il reggae esprime al meglio quello che sento, è come una preghiera”, afferma Stephen. Entrambi si sono già esibiti più volte, prossimamente, forse, lo faranno anche ad “African Soul”.
La migliore cucina africana: la cucina nigeriana è alla base della proposta culinaria, accompagnata da influssi dell’intero continente africano
RISTORANTE AFRICAN SOUL – “I problemi non si risolvono distogliendo lo sguardo”
Isabelle Hansen lavora come giornalista per il quotidiano “Dolomiten”, è presidentessa dell’associazione “Empezamos” e fondatrice del ristorante “African Soul”
Signora Hansen, com’è nata l’idea di un locale africano?
Isabelle Hansen. L’iniziativa “Book a Cook” è stata molto positiva e, nell’ambito di quel progetto, abbiamo scoperto Kelly Asemota, un cuoco capace e appassionato. Ad aprile è stata fondata la cooperativa sociale Spirit con l’obiettivo concreto di fornire supporto tramite l’integrazione sociale. Quando ci è stato offerto il locale dell’ex Pizzeria “Da Nunzio”, non abbiamo potuto rifiutare.
Probabilmente, la maggior parte degli altoatesini non sa cosa aspettarsi quando si parla di cucina africana.
Isabelle Hansen. È una cucina molto eclettica, al posto delle patate impiega lo yam, propone varie salse fatte con la farina di semi di melone e molte verdure, ma anche carne o pesce e una sorta di pasta choux senza uovo, utilizzata in sostituzione del cucchiaio. Per tradizione, si mangia con le mani.
Il nome “African Soul” è tutto un programma. Quali sono le peculiarità di questo locale?
Isabelle Hansen. Non vogliamo offrire solo cibo africano, ma anche far conoscere le persone, la loro cultura e la loro gioia di vivere. Chi lavora qui dev’essere orgoglioso del proprio locale E della propria cultura.
Perché avete scelto la cooperativa come forma societaria?
Isabelle Hansen. L’idea alla base di una cooperativa è che insieme si riesce a creare molto più che da soli, mettendo in primo piano l’aiuto solidaristico. In questo modo, inoltre, abbiamo accesso a più possibilità di sostegno.
Lei si impegna in prima persona ad aiutare i profughi…
Isabelle Hansen. I problemi non si risolvono guardando altrove. Con il nostro progetto (una piccola tessera di un grande mosaico) vogliamo aiutare chi è meno fortunato di noi. Ciò che inizia nel piccolo può diventare qualcosa di grande.