Arte e denaro – Quant’è libera l’arte?
“Quando i banchieri si ritrovano a cena, parlano di arte. Quando gli artisti si ritrovano a cena, parlando di soldi”, diceva Oscar Wilde. Arte e denaro sono due universi distanti tra loro, eppure hanno bisogno l’uno dell’altro.
Per dare origine a qualcosa di nuovo, è necessario distruggere qualcos’altro. Hubert Kostner, nel suo atelier di Castelrotto, tagliuzza con la sega vecchie opere di legno e le combina in maniera creativa, conferendo loro un nuovo significato. “Raccontare storie, trasferirle a livello concettuale o destrutturarle”, Kostner descrive così uno dei temi principali della sua attività. Da una statua di Sant’Ulrico ha origine un martello per l’intaglio, alla parete pendono ghirlande realizzate con figure ritagliate nel legno, mentre dei semplici messaggi incisi su tavole le trasformano in una sorta di quadri chiodati di tipo brachiale. Più che creare, Kostner vuole “rendere visibili i contrasti e spostare i contesti”.
Classe 1971, padre di due figli, Hubert Kostner è cresciuto a Castelrotto e ha frequentato la scuola professionale d’arte in Val Gardena. Inizialmente ha lavorato come scultore indipendente e, insieme al padre, ha gestito un negozio di sculture in legno. Ma, a 26 anni, tutto questo non gli è bastato più e ha deciso di frequentare l’accademia di belle arti a Monaco; quindi, nel 2003 si è dato alla libera professione. Il negozio esiste ancora: proprio grazie a quest’attività e all’aiuto dei genitori, ha potuto finanziare gli esordi della sua passione. Prima di riuscire a vivere di arte, o addirittura arricchirsi, passa molto tempo, anche per chi è già affermato.
Consiglierebbe la sua professione? “Difficile da dirsi”, afferma, “all’inizio è necessario avere le spalle coperte dai genitori o da un mentore”.
L’arte ha bisogno di tempo e spazi: un laboratorio, un magazzino, il materiale, e tutto ciò ha un costo. La libertà dell’arte e la necessità di guadagnarsi da vivere sono difficilmente conciliabili. “È un vero dilemma”, commenta Lisa Trockner, direttrice del Südtiroler Künstlerbund. “Da noi esistono pochi artisti che possono vivere delle loro opere; molti di loro sono in difficoltà”. È necessario organizzare mostre ed essere sempre presenti: un artista deve vendersi, creare relazioni e tenere i giusti contatti, ma naturalmente avere anche la fortuna di esporre nel momento giusto e nel luogo giusto, incontrando le persone giuste. La sfida è quella di non doversi ingraziare i mecenati.
Collezione d’arte Raiffeisen
Un’opera di Kostner, “Tyrol 9”, fa parte della collezione della Cassa Centrale Raiffeisen, costituita nel 2011 con lo scopo di “promuovere i giovani artisti tirolesi e accrescerne la visibilità, dando vita a una raccolta di opere locali contemporanee di grande pregio”, come ci ricorda Michael Grüner, presidente della banca. La promozione non avviene attraverso l’erogazione di contributi finanziari, bensì mediante il supporto dell’attività artistica e l’acquisto di opere. Un consulente esperto indipendente assicura continuità e omogeneità nella scelta delle acquisizioni. “Il massimo cui un artista può aspirare sono numerose commesse e molte opere vendute: decisamente meglio che chiedere contributi”, ci conferma Lisa Trockner, una delle curatrici della collezione. “Acquistare un’opera non significa fare l’elemosina, bensì esprimere apprezzamento per la professione dell’artista in
quanto parte della società e, al tempo stesso, promuovere indirettamente l’economia e il turismo”. Da decenni, le Casse Raiffeisen sono impegnate nel sostegno in loco delle associazioni culturali, come gruppi teatrali, bande musicali e altri circoli, sempre più spesso nell’ambito delle arti figurative. Ad esempio, le Casse Raiffeisen di Salorno, Nova Ponente e Oltradige promuovono insieme le mostre d’arte di Egna, costituite da dipinti realizzati prevalentemente da altoatesini; altre Casse organizzano autonomamente le esposizioni, come quella della Valle Isarco o di Brunico; le Casse di Castelrotto-Ortisei e Val Gardena esprimono il loro legame con la scena culturale locale sponsorizzando la “Biennale Gherdeina”, una manifestazione molto rinomata. Ma questi sono solo alcuni dei numerosi esempi.
Missione solidaristica
Perché le imprese e, in particolare, le banche s’interessano di promozione artistica? Vogliono offrire all’arte un palcoscenico e, quindi, una possibilità di confronto oppure, dietro a tutto, si cela un mero calcolo? Senza dubbio, le banche sono tutt’altro che mecenati disinteressati: dal loro impegno si attendono un ritorno in termini d’immagine e di entrature. “Ciò che spinge noi a intervenire è la nostra missione cooperativa solidaristica a favore della comunità locale”, ci riferisce Stefan Tröbinger, direttore della Cassa Raiffeisen
Castelrotto-Ortisei. Kostner apprezza questa forma di supporto. “Con Raiffeisen mi sento a mio agio”, ci rivela, “perché è una cooperativa strutturata a livello rurale, anziché un grosso istituto di credito del cui denaro s’ignora la provenienza”. Accanto alla promozione dell’universo artistico, una collezione è anche un buon investimento, e non solo per la reputazione della banca. “Il rendimento è certamente migliore di molte obbligazioni”, ci rivela ridendo Kostner. “In alcuni casi, l’arte può essere anche un buon affare, se gestita bene”.
Rapporto tra arte e denaro
Quale sarebbe lo stato dell’arte e della cultura, se non esistesse chi è pronto a sostenere gli artisti? Senza un supporto, l’arte fatica a prosperare: il rapporto con l’economia può essere difficile, ma non si può parlare d’incompatibilità. A questo proposito, il filosofo inglese Samuel Butler affermava: “L’artista e l’uomo d’affari sono come la materia e lo spirito: è impossibile averne uno allo stato puro, senza una contaminazione dell’altro”. O, come conclude Hubert Kostner, “un’opera d’arte in ufficio è come una finestra che fa entrare una ventata d’aria fresca”.
L’ARTE IN ALTO ADIGE – “Il mercato dell’arte è spietato”
Lisa Trockner ci svela i retroscena del mercato dell’arte locale. Nel suo ufficio, l’“art-kitchen”, volteggia un’installazione di Hubert Kostner. Lisa Trockner, direttrice del “Südtiroler Künstlerbund”, è promotrice e una delle curatrici della collezione d’arte della Cassa Centrale Raiffeisen.
Sig.ra Trockner, ci parli del mercato dell’arte altoatesino.
Lisa Trockner. Non si può parlare di mercato dell’arte locale: ne esiste solo uno internazionale, che ha poco a che fare con la nostra attività all’interno del “Künstlerbund”. Noi ci occupiamo di promuovere le giovani leve, dare visibilità all’arte, divulgare informazioni, sensibilizzare e scandagliare i confini della nostra terra.
Chi stabilisce il valore di un’opera?
Lisa Trockner. Quello dell’arte è un mercato spietato, in cui una ristretta cerchia di galleristi e collezionisti decide che cosa acquistare e, insieme a critici, curatori di musei e titolari di case d’aste, quali artisti “lanciare”. Questi ultimi, una volta raggiunto un determinato valore di mercato, in linea di massima possono fare ciò che vogliono, perché la qualità passa in secondo piano. I collezionisti privati più importanti prestano le loro opere ai musei statali, ottenendo così in cambio una sorta di “certificazione” del loro pregio. Il valore monetario di un’opera non è sempre legato alla sua qualità.
Come si sviluppa la creatività artistica in Alto Adige?
Lisa Trockner. Disponiamo di un buon numero di giovani artisti validi, operanti a livello internazionale che, a causa dell’assenza di adeguati percorsi formativi, studiano a Vienna, Monaco, Londra o in altre città italiane, ma spesso fanno ritorno in Alto Adige. Non esiste una “firma” degli autori nostrani, ma si percepisce che abbiamo a che fare con opere autentiche, che hanno avuto origine qui da noi: indipendentemente dalla fine che fanno, emerge il loro radicamento al territorio.