Magazine 03/16 -

Previdenza & Co. – Pensare al futuro

In queste settimane, l’INPS ha inviato 150.000 cosiddette “buste arancioni” ad altrettanti lavoratori, fornendogli una stima di massima sulla pensione che riscuoteranno al termine della loro carriera. Con quest’iniziativa, il governo intende stimolare i cittadini a occuparsi in prima persona di previdenza.

Alla generazione Y italiana si prospetta una lunga carriera lavorativa: chi, infatti, è nato dopo il 1980, presumibilmente non andrà in pensione prima dei 70 anni e proprio i recenti conteggi dell’INPS hanno acceso un nuovo dibattito sulla riforma pensionistica. Se un tempo lo Stato riusciva ad assicurare pensioni dignitose, oggi il sistema pubblico si trova a fronteggiare numerosi problemi, il primo dei quali legato all’esiguo numero di giovani contribuenti rispetto a quello delle persone anziane, che beneficiano della pensione sempre più a lungo. Inoltre, il tasso di partecipazione, ovvero la percentuale dei lavoratori effettivi sul totale numero potenziale, è molto basso e si attesta intorno al 60 percento, rispetto all’80 percento della Germania. A ciò si aggiungono alcuni errori commessi in passato. “Lo Stato ha spesso utilizzato il patrimonio dell’INPS per scopi diversi da quelli previdenziali, ad esempio, per risanare il bilancio o distribuire omaggi elettorali” c’informa Martin von Malfèr, esperto finanziario della Cassa Centrale Raiffeisen.

Pensioni in calo

In altre parole, la pensione è destinata a scendere. Chi ha cominciato a lavorare prima del 1996 (è sufficiente anche una sola settimana), rientra nel cosiddetto sistema misto, che tiene conto sia degli anni lavorati, sia dei contributi versati. Al contrario, chi ha iniziato a lavorare più tardi, fa parte del sistema contributivo e deve aver maturato un importo minimo di contributi per andare in pensione prima dei 70 anni.
“Il sistema contributivo peggiora le prospettive pensionistiche della maggioranza delle persone”, osserva con preoccupazione Helmuth Renzler, esperto previdenziale, direttore della sede bolzanina dell’INPS e deputato SVP.  Conviene a partire da un reddito annuo lordo di circa 100.000 euro: infatti, per ottenere una pensione mensile di 1.477 euro lordi al mese, è necessario aver versato nel corso della propria vita lavorativa circa 300.000 euro. Se pensiamo che circa un terzo del reddito va in contributi, un lavoratore con un reddito lordo di 30.000 euro, che ne versa quindi circa 10.000 nelle casse previdenziali, raggiungerebbe questa somma nell’arco di 30 anni. Oggi non esiste più la pensione minima, un tempo considerata una sorta di ancora di salvezza.

L'effetto degli interessi composti

La via d’uscita

Cosa si può fare per contrastare il calo della pensione pubblica? In materia previdenziale non esiste una soluzione universale, poiché ogni situazione è diversa dall’altra. In ogni caso è sempre meglio agire che restare con le mani in mano e accontentarsi di una rendita insufficiente. In tal senso, è richiesto uno sforzo personale per la costituzione di una previdenza complementare che affianchi quella pubblica e aziendale. In base a condizioni personali, età e obiettivi, è possibile valutare diverse soluzioni di risparmio, investimento e assicurazione. “L’importante è iniziare presto, poiché anche i piccoli importi versati per molti anni danno origine a capitali di tutto rispetto”, prosegue von Malfèr.

Grazie a una tempestiva e accurata pianificazione previdenziale, è possibile colmare eventuali gap di reddito
a fronte d’inabilità al lavoro e premorienza, ma anche per la vecchiaia
Unsichere Rente – Früher an später denken - 3 Generationen

I vantaggi della previdenza

Lo Stato ha creato le condizioni per rendere più “stimolante” l’accumulo di denaro finalizzato alla previdenza. “Grazie agli incentivi fiscali, l’alternativa oggi più vantaggiosa è il versamento in un fondo pensione, ad esempio quello di Raiffeisen”, ci rivela Malfèr, “100 euro di capitale versato mi costano solo 60-65 euro, al netto del risparmio fiscale”. Inoltre, il patrimonio del fondo pensione non è investito solo in Italia, ma è diversificato in tutto il mondo, riducendo così il rischio. Anche Renzler è dello stesso avviso: “Il fondo pensione è ben tutelato, anche se naturalmente non esiste una garanzia

al 100 percento”. Markus Pretto, responsabile della formazione di Raiffeisen Servizi Assicurativi, guarda oltre. “Prima di pianificare la previdenza per la vecchiaia”, consiglia, “è bene interrogarsi sui rischi da coprire, tra cui l’inabilità al lavoro o i grandi interventi chirurgici, ma anche le incognite riguardanti l’abitazione. Questi ambiti non solo possono condizionare la situazione attuale, ma spesso sono determinanti anche per il futuro.” Pretto invita a farsi consigliare individualmente dalle Casse Raiffeisen, che offrono una tutela completa in tema di protezione e previdenza.

Il futuro del sistema sociale

Le prospettive non sono rosee. La situazione attuale del sistema pensionistico, a detta di von Malfèr, è critica: “Se la pressione fiscale diventerà così elevata da non rendere più conveniente lavorare, il sistema è destinato a implodere”. In Alto Adige, circa il 55 percento dei lavoratori dipendenti è iscritto a un fondo pensione, mentre nel resto d’Italia tale dato è fermo al 25 percento. “Quando avranno raggiunto l’età pensionabile, molte persone dovranno far ricorso agli aiuti sociali”, commenta Renzler. “Una società può tollerare al massimo un dieci percento di persone che vivono di sussidi”, aggiunge von Malfèr, “e può mantenere la sua stabilità solo se è dotata di un forte ceto medio, da cui dipende circa l’80 percento del gettito fiscale. Questa classe dev’essere tutelata, altrimenti rischiamo di avere solo super-ricchi, che trasferiscono il proprio patrimonio all’estero, e poveri frustrati con tendenze estremistiche”.

Sistema contributivo

Età pensionabile: almeno 57 anni,
35 anni di contributi,
ultimo stipendio annuo: 21.420,05 euro

 

Pensione lorda mensile:
898,25 euro
netta: 793,22 euro

 

Solo a 65 anni si percepisce una pensione
di 1.069,53 euro, netta; 914,50 euro

Sistema misto

Lavoratore 57enne, 35 anni di ­contributi
(15 retr. + 20 contr.),
ultimo stipendio annuo: 21.420,05 euro

 

Pensione lorda mensile:
974,85 euro
netta: 847,46 euro

 

Pensione a 65 anni:
1.105,45 euro, netta: 939,93 euro

Sistema retributivo

Lavoratore 57enne,
35 anni di contributi,
ultimo stipendio annuo:
21.420,05 euro

 

Pensione lorda mensile:
1.153,39 euro
netta: 973,88 euro

Prestazioni a confronto

Un tempo, la pensione era calcolata esclusivamente in base al sistema retributivo. In seguito alle numerose riforme pensionistiche e alle fasi transitorie che si sono succedute, oggi vigono due diversi modelli di conteggio. Per chi non presenta alcun periodo di contribuzione antecedente il 1996, si applica il puro sistema contributivo. L’età di 57 anni indicata in tutti e tre gli esempi è stata ipotizzata solo allo scopo di sottolineare le differenze mensili dei tre sistemi di calcolo. Nella realtà, oggi l’età pensionabile è molto più elevata.

 


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PREVIDENZA PER LA VECCHIAIA – “Necessario agire in prima persona”

L’esperto previdenziale Helmuth Renzler

Sig. Renzler, a che età andremo in pensione?
Helmuth Renzler. L’età stabilita oggi per la pensione di vecchiaia è di 66 anni e 7 mesi per gli uomini e le donne del pubblico impiego e di 65 anni e 7 mesi per quelle del settore privato.  Dal 2018, tutti i lavoratori potranno andare in pensione a partire dai 66 anni e 7 mesi d’età, mentre nel 2031 l’età pensionabile sarà di 68 anni e 3 mesi, a fronte di almeno 20 anni di contribuzione. Per la pensione anticipata, oggi un uomo deve avere maturato 42 anni e 10 mesi di contributi, una donna un anno in meno.

È necessario aver accumulato anche un determinato capitale?
Helmuth Renzler. Chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996, potrà godere della pensione di vecchiaia solo se ha maturato una rendita d’importo pari almeno a una volta e mezzo l’assegno sociale dell’INPS, quindi 672 euro lordi al mese. Chi non raggiunge questa soglia, deve continuare a lavorare fino a 70 anni d’età e oltre. Per la pensione anticipata, invece, il tetto è di 2,8 volte l’assegno sociale, ovvero 1.255 euro lordi al mese.

La pensione minima non esiste più, giusto?
Helmuth Renzler. Ecco perché suggerisco di pensare a una forma di previdenza complementare, anche se oggi può comportare qualche sacrificio, tanto più per le donne che lavorano part-time e che quindi accumulano solo metà del capitale. Anche per i rapporti di lavoro irregolari la situazione è drammatica.

Le cose sono destinate a peggiorare?
Helmuth Renzler. Non necessariamente. Se la situazione dovesse migliorare, potrebbe essere ipotizzabile un ritorno al sistema retributivo. Già negli anni Sessanta, per un quinquennio  è valso un sistema misto, prima che si facesse ritorno a quello retributivo.